India – Hyderabad
Hyderabad
Martolina a Hyderabad.
Breve ma intenso spaccato di come possa essere la vita di una viaggiatrice in India.
Arrivo a Hyderabad e decido di essere più ligia del solito. Cerco subito un treno per la meta successiva.
Il giorno dopo… no trains.
Due giorni dopo… no trains.
Tre giorni dopo… no trains.
Quattro giorni dopo… no trains.
Ok, calma, dovrò anche tornare in Italia prima o poi, devo riuscire a partire da Hyderabad!
Dopo aver trovato un ostello e messo giù lo zaino, mi avvio alla stazione degli autobus statali. Dove si può prenotare un biglietto? Una persona mi dice di andare alla piattaforma 40, un’altra mi indica la piattaforma 21, all’ufficio informazioni, dove nessuno parla inglese, mi fanno capire di far riferimento alla piattaforma 34.
Mi arrangio, ho capito.
Di fronte alla piattaforma 50 c’è l’ufficio che fa per me, ma è chiuso. Fuori un cartello dice che l’orario di apertura è dalle 8.00 alle 22.00. Sono le 15.30. Gocce di sudore mi colano fino alle caviglie, il caldo è soffocante.
Un lustra-scarpe con un solo dente, per altro rosso a causa di ciò che mastica, mi fa capire che non ci sono bus diretti verso la città in cui voglio andare ma che dovrò prendere un mezzo fino a Beed (non la trovo nemmeno nella mia cartina ma mi fido) e poi cambiare: 15 ore di viaggio! Partenza alle 22.00 ogni sera. Ok, e fin qua ci siamo. Intanto bevo due litri di acqua senza nemmeno accorgermene. Acquisto 5 banane, potassio a me!
Esco dalla stazione e decido di andare a vedere Charminar, simbolo di Hyderabad. Chiedo quale sia l’autobus da prendere ad almeno 10 persone: 10 risposte differenti. Alla fine ci arrivo, nonostante un traffico devastante e milioni di tuktuk incastrati tra bancarelle, motorini e gente a piedi. Caos ovunque. Clacson assordanti perenni.
Salgo sulla balconata superiore. Sotto di me un bazaar in perfetto stile arabo, frequentato da molti musulmani. Ok, è il momento di scendere e di tuffarmici dentro. Vendono di tutto: perle, abiti nuziali di seta, oro, frutta, verdura, noccioline, patatine sfuse ammucchiate su un carretto.
Decido di attendere il tramonto gustando prima un lassi alla frutta secca e poi un frullato di avocado. Deliziosi. A cena mi concedo un ottimo pollo tandoori con pane naan, me lo servono con una profumatissima salsa di menta. Per questo lusso spendo 70 rupie, la bellezza di un euro. E mi sembra di avere proprio esagerato!
Il giorno successivo mi alzo prima delle 6.00, voglio raggiungere Golconda Fort senza il sole che mi batta sulla testa. Capisco quale sia la mia fermata dopo più di un’ora di cammino, tutti continuano a indicarmi strade, direzioni, numeri di autobus differenti. Ci sono vie con 10 fermate di bus una attaccata all’altra (ma non capisco quali bus arrivino in ciascuna di esse, anche perché di fronte sostano in continuazione tuktuk e ambulanti con i loro carretti, per cui gli autobus sono costretti ad arrestarsi tutti metri e metri dopo) e altre che non vedono l’ombra di autobus per ore. Da impazzire, giuro.
Finalmente riesco a individuare il mio autobus. Partiamo. Ma fa inversione di marcia, non comprendo il motivo fino a qualche istante dopo… l’autista doveva andare a fare colazione! Ne approfitto anch’io per gustarmi 4 idli con un ottimo chutney servitomi in una busta di plastica.
Un’ora dopo vedo in lontananza il Golconda Fort, mi fanno scendere. Cammino, il caldo è già soffocante e mi trovo immersa in mezzo a una folla di gente, militari, una banda, bandierine e trombette. È l’anniversario del Giorno dell’Indipendenza! Caspita, lungo il tragitto verso il forte hanno persino tolto la spazzatura dai lati della strada!
Arrivo quasi all’ingresso dopo una bella camminata quando un poliziotto mi ferma: “Pass, madam!”. Pass??? What’s pass?!!!! Non ho alcun pass io! Faccia del poliziotto in stile “Peccato per te”, mi dice di tornare dalle 11.00 in poi.
Keep calm, Martolina. Sai che l’India è splendida ma anche incasinatissima, no?!
Un respiro profondo, un dolcissimo chai (5 rupie, se si vuole con poco zucchero 10 rupie!) e vado a piedi alle Tombe dei Re Qutb Shahi. Ombra. Silenzio. Pace. Inizio a curiosare ovunque, salgo al piano superiore di una tomba, scendo, cammino con calma. Dopo circa un’oretta una guardia mi ferma: “Ticket”. Ticket??? Ho guardato ovunque all’ingresso, non c’era alcun ufficio per pagare l’entrata. La guardia mi spiega che l’addetto (con annessa sediolina e pacco di biglietti) è appena arrivata e che devo scendere per acquistare il biglietto. Bene, altra scarpinata regalata. Vado e torno. Un’altra bottiglia di acqua è andata.
Dopo qualche ora torno al Forte. Adesso posso entrare ma devo farmi strada tra centinaia di indiani che stanno festeggiando, bambini che corrono ovunque, militari muniti di bastone che chiacchierano allegramente e ragazzi che iniziano ad ammucchiare sedie e piante in vaso portate per l’occasione. Non so quale autorità abbia partecipato all’evento, comunque è arrivato in elicottero mentre andavo verso le Tombe.
Anche qui passeggio, salgo e scendo da scale e gradini, purtroppo è un orario da panico e potrebbero strizzarmi per creare un laghetto artificiale in mezzo al Forte.
Riprendo l’autobus e mi dirigo al Chowmahalla Palace, ma prima di entrare mi coccolo con un altro lassi alla frutta secca e miele e un frullato di Dragon Fruit spettacolare. Nella speranza che la promessa del proprietario, secondo cui non avrebbe aggiunto acqua di rubinetto, sia stata mantenuta (lo controllavo a vista mentre lo preparava ma… mai dar nulla per scontato in India, mai!).
Il Palazzo è davvero carino, in realtà è un insieme di quattro palazzi molto eleganti e aggraziati.
Torno al Mercato. Mi fermo, in particolare resto incantata a osservare alcuni uomini intenti a battere delle piccole foglie d’argento. Battono, battono… uno accanto all’altro ed emettendo un rumore assordante, non utilizzano nemmeno i tappi per le orecchie. Un lavoro a dir poco snervante, alienante, poco umano. Faccio domande. Per battere una foglia ci vogliono tre ore. Le foglie verranno utilizzate nell’industria dolciaria. È verooooo, avevo visto dei biscotti avvolti in una foglia d’argento.
Torno all’ostello, percorrendo una via in cui tutti, ma proprio tutti, vendono solo condizionatori con dentro una stuoia intrecciata di legno da inumidire.
Entro in ostello. Non mi ero accorta, ieri, che lungo il muro della scala si susseguono centinaia di macchie rosse. Sono gli sputi della gente. Dalla mia finestra, invece, leggo un cartello: parcheggia a tuo rischio!
Ok. È ora di ripartire. Andrò in stazione degli autobus. Chissà se e quando partirò. Ma qui funziona così, nessuno sembra innervosirsi né pare che la gente si ponga mai domande. Sembra si accetti sempre, passivamente, il proprio destino.
Buona Festa dell’Indipendenza, India! Sei stupenda ma, talvolta, così faticosa…!
India 36 - Hyderabad
ciao martolina ..hai mai pensato : ” ce la farò a tornare a casa mia ” ??? ma penso anche a quanto eri immersa in tutto ciò che scoprivi , è davvero un mondo caotico e coinvolgente nello stesso tempo .Mettiamola come vuoi , ma sei unicaaaa…