India – Kumbalgarh
Kumbalgarh
Mai sottovalutare le difficoltà in India, specie per quanto concerne i trasporti.
20 km da percorrere in autobus.
2 ore e mezzo di tragitto.
Non mi lamento, però. Perché il percorso è stato davvero meraviglioso.
Campagne, villaggi di capanne, donne che pompavano l’acqua e altre che lavavano sari coloratissimi, biciclette cariche di contenitori del latte, bambini che uscivano da scuola e salivano e scendevano dal bus in modo autonomo e senza alcun controllo da parte di adulti. Anzi, i maschietti più grandi si sono fatti anche più di un’ora sul tetto del piccolo autobus, mentre all’interno, seduti per terra, in silenzio, ero circondata da cuccioli dai tre agli otto anni: i loro occhioni sgranati verso di me non mi hanno abbandonata un secondo. Qualche bimbo aveva l’uniforme un pó sdrucita, tenuta su da spille di sicurezza alquanto malandate, qualche altro aveva la cartella rosa, nonostante fosse un maschietto. Nessuna vergogna, anzi, respiravo profumo di fierezza: loro rappresentavano i pochi bambini che hanno la fortuna di poter andare a scuola.
A Kumbalgarh il forte è decisamente affascinante, circondato da mura poderose che misurano 10 km per 12 (seconde al mondo dopo la Muraglia Cinese, dicono fieri gli abitanti del posto).
Dopo essere salita in cima ed essermi goduta un panorama a perdita d’occhio tra i Monti Aravalli, ho deciso di camminare seguendo le mura.
Lasciato un piccolo villaggio in cui sono entrata in una scuola e in qualche casetta, mi sono diretta verso alcuni templi abbandonati. Da non crederci, sono entrata in questi luoghi sacri straordinariamente decorati senza avere nessuno intorno a me. Un senso di pace e serenità mi ha pervasa, tranquillamente seduta tra colonne scolpite, scimmiette che giocavano, scoiattolini che correvano ovunque e qualche pavone che planava tra gli alberi.
Ad un certo punto è arrivato un piccolo gregge di pecore. La signora che le accompagnava era vestita in modo tradizionale rispetto al luogo: sari colorato, anelli ai piedi, cavigliere e un grande orecchino circolare al naso. In questi giorni ho incontrato anche molte donne con tanti bracciali bianchi dai gomiti alle spalle.
Ho trovato un posto in cui dormire meraviglioso. Non parlo di pulizia e igiene perché, da questo punto di vista, il luogo lasciava molto a desiderare… ma molto molto! Ripagava però abbondantemente Gisu, il proprietario, che mi ha subito accolta come fossi di famiglia. Con lui ho cucinato a cena, mi ha insegnato a utilizzare le verdure della sua terra e le mille spezie, in particolare mi ha spiegato come preparare il curry in casa. Mi ha coccolata, in questi giorni, facendomi assaggiare mille specialità che fanno parte del suo pasto quotidiano. Una mattina ha raccolto per me del miele nella giungla, facendomelo accompagnare a uno stupendo chapati di mais ancora caldo. La moglie mi ha preparato due dolci meravigliosi: delle palline di farina di ceci, semolino, petali di fiori e frutta secca e quello che definiscono dolce del deserto, ottenuto da una lunghissima cottura dello zucchero di canna.
Gisu mi ha raccontato di aver iniziato la propria attività con quattro sedie e un tavolo di plastica. Piano piano, mattone su mattone, sta cercando di dare forma al proprio sogno: realizzare una serie di capanne per turisti e creare una zona comune per la cena in cui accendere il faló, senza mai dover utilizzare la corrente elettrica e attingendo solo alle risorse presenti nella natura.
Mi ha promesso che mi spedirà le foto quando avrà finito.
Sono queste le persone che mi tolgono il cuore. Sporco di cemento, con un’idea da concretizzare e la determinazione di completare l’opera prima dell’inizio dell’alta stagione, non ci ha mai pensato due volte a fermarsi per sedersi accanto a me, farmi ascoltare il rumore di un pavone in volo o portarmi una ciotola di lassi salato o una tazza di tè. Poche parole, tanti gesti. Ma soprattutto un cuore grande, la migliore comunicazione che esista al mondo.
India 13 - Kumbalgarh